Protezione del potere d'acquisto

Da rilevazione ISTAT l’intero sistema Italia ha un reddito medio annuo pari ad €.29.000 inferiore al dato medio dell’area Euro (€.35.000).

Questa situazione deriva anche dalla difficoltà di procedere in maniera significativa alla riduzione del cuneo fiscale a cui bisogna aggiungere due grossi problemi che si sono manifestati nel corso del 2022.

Ritorno dell’Inflazione - oggetto del mistero per molti anni – che ha portato ad un forte rialzo dei tassi con conseguente calo del mercato obbligazionario e di quello azionario causa timori di una possibile recessione.

In poche parole siamo diventati tutti un po’ più poveri, ma questo impoverimento generalizzato grava maggiormente sulle spalle delle categorie meno abbiette.

Come affrontare/superare questi eventi, la strada da percorrere è una sola!

-       Migliorare l’educazione finanziaria,

-  Affidarsi a professionisti che possano condurre per mano il risparmiatore ed affrontare/superare questi momenti di difficoltà.

Momenti che sono da affrontare adottando una politica di pianificazione finanziaria da monitorare costantemente, con l’obiettivo di traghettare il risparmiatore nei momenti di difficoltà standogli accanto.

Lasciare la liquidità sul conto corrente non è sicuramente la strategia migliore per affrontare il problema Inflazione e proteggere il potere di acquisto.

E’ importante risparmiare ma è altrettanto vero che bisogna farlo nella maniera corretta, in caso contrario si rischia di vanificare ogni sforzo.

Molti risparmiatori non investono per diffidenza, per timore.

Su quali categorie si abbattono gli effetti dell’inflazione?

In primis sui consumatori finali, l’impatto dei prezzi riguarda infatti il potere di acquisto, di conseguenza interessa le condizioni di vita delle persone in quanto consumatori.

Possiamo ipotizzare due conseguenze:

-       Nel primo caso si mantengono gli stessi consumi e quindi si vanno ad intaccare i risparmi oppure ci si indebita;

-       Nel secondo caso si modificano le scelte di consumo, riducendo gli acquisti e mantenendo la spesa costante.

Questa modalità porta ad una riduzione della domanda di beni e servizi che genera in un primo momento una crescita dei prodotti invenduti e successivamente una diminuzione della produzione da parte delle imprese con possibili conseguenze sull’attività industriale, riduzione dei cicli produttivi, cassa integrazione, licenziamenti, chiusure di stabilimenti.

Se invece manteniamo lo stesso livello di consumi precedenti l’aumento dei prezzi il minore risparmio riduce la disponibilità dei capitali e quindi la possibilità di investirli nel sistema produttivo mediante acquisto di azioni/obbligazioni/sicav.

Infine l’inflazione influisce sul reddito percepito dai cittadini che a livello individuale coincide con lo stipendio.

Stipendio fissato dai contrati collettivi nazionali di lavoro e che rimangono in vigore per alcuni anni.

Se consideriamo che un contratto viene firmato per 3 anni e quindi lo stipendio rimane fisso per quel periodo e se l’inflazione fosse pari al 4% annuo l’effetto sarebbe una riduzione consistente del potere di acquisto di ca l’11% e quindi dobbiamo porci una semplice domanda


Siamo sicuri che non investire equivalga a non correre rischi?


ad esempio € 10.000 al 31.12.2020 corrispondono ad € 11.550 al 31.12.2022 per effetto dell'inflazione, significa che per acquistare gli stessi beni al 31.12.2022 occorrono € 1.550 in più

€10.000 investiti il 31.12.2020 nel mercato azionario corrispondono ad € 11.400 al 31.12.2022